L’impatto dell’intelligenza artificiale sull’occupazione: L’FMI prevede un impatto fino al 60% dei posti di lavoro

Anche il Fondo Monetario Internazionale (FMI) fa le sue previsioni sul drastico sconvolgimento che l’intelligenza artificiale porterà al mondo del lavoro nei prossimi anni. Secondo l’organizzazione, nelle economie capitalistiche avanzate dovremo prepararci alla perdita o alla completa modifica del 60% dei posti di lavoro, con conseguenze che riguarderanno ogni aspetto della società. In generale, l’IA modificherà il 40% dei posti di lavoro a livello globale.

 

Economie avanzate? Le più distorte

Lo studio è stato condotto durante il consueto Forum economico mondiale di Davos, in Svizzera, che quest’anno si è aperto il 15 gennaio. Il documento distingue tra vari tipi di Paesi. Mentre il mondo occidentale dovrà affrontare l’impatto della tecnologia per una percentuale maggiore, i Paesi con economie emergenti come Cina, India e Brasile dovranno affrontare la rivoluzione solo per il 40% della loro forza lavoro. Questa percentuale scende ulteriormente al 26% nei Paesi a basso reddito. Questa è una caratteristica unica per una trasformazione tecnologica: i settori più a rischio saranno quelli ad alta qualificazione.

La direttrice del Fondo Monetario Internazionale, Kristalina Georgieva, ha affrontato l’argomento in un lungo post sul suo blog. Ha affermato che storicamente l’automazione e l’informatica tendono ad avere un impatto sulle attività di routine, ma uno dei fattori distintivi dell’IA è la sua capacità di influenzare i lavori altamente qualificati. Di conseguenza, le economie avanzate corrono maggiori rischi dall’IA, ma hanno anche maggiori opportunità di coglierne i benefici rispetto alle economie emergenti e in via di sviluppo.

 

Resilienza e adattabilità

Gli autori dello studio ribadiscono il concetto. “Le economie avanzate – scrivono – sperimenteranno sia i benefici che gli svantaggi dell’IA prima delle economie emergenti e in via di sviluppo, soprattutto a causa della loro struttura occupazionale basata su ruoli ad alta intensità cognitiva”.

Il documento afferma che gli individui con un’istruzione universitaria saranno i più esposti e, allo stesso tempo, i meglio attrezzati per beneficiare dell’IA, mentre i lavoratori più anziani potrebbero essere meno preparati ad adattarsi alla nuova tecnologia. Come sottolineato nell’ultimo anno da diversi leader dell’IA, sarà essenziale per ogni lavoratore investire nella formazione per poter gradualmente guidare le proprie professioni in un mondo rinnovato, senza paura di reinventarsi.

 

Giudici, chirurghi, designer: verso il miglioramento

Per giungere alle sue conclusioni, lo studio ha cercato di valutare l’integrazione dell’IA in ogni categoria professionale, un concetto noto come “esposizione” all’IA. Questo concetto si riferisce al livello di fusione tra le applicazioni dell’intelligenza artificiale e le capacità umane richieste in ciascuna professione.

Ad esempio, una professione come quella dei giudici sarà fortemente impattata dall’IA grazie alla capacità dei modelli di elaborare materiale scritto da varie fonti, ma sarà anche altamente protetta dalla sostituzione perché è altamente improbabile che la società deleghi le decisioni giudiziarie all’IA senza una supervisione umana. In un lavoro simile, l’intelligenza artificiale “migliorerà” il compito, aumentando la produttività senza rappresentare una minaccia di sostituzione. Lo stesso vale per altri lavori specializzati come chirurghi, avvocati e ingegneri. Questo sarà vero anche per gli analisti di dati, i consulenti finanziari, i ricercatori e i progettisti di tutti i tipi, in quanto questi compiti saranno migliorati grazie all’integrazione di modelli artificiali.

 

Lavori a rischio: Telemarketing, cassieri, creator

La situazione è diversa per i lavori in cui il lavoro automatico è parte integrante del processo. In tali mansioni, l’IA potrebbe sostituire direttamente i lavoratori senza offrire loro opportunità significative di complementarietà.

Il testo evidenzia diverse categorie di lavoratori, inclusi quelli impiegati come operatori di call center e telemarketing, cassieri, addetti alla produzione su catene di montaggio e addetti alla lettura o scansione di documenti. Inoltre, lo studio sottolinea le possibili difficoltà che potrebbero affrontare anche gli creator su commissione, come grafici e designer.

 

Per nuove disuguaglianze sociali… o no

Il rapporto mette in evidenza come questa situazione possa portare a un significativo aumento delle disparità sociali e una considerevole riduzione dei salari. Le categorie più vulnerabili in questo contesto, ovvero quelle che possono essere facilmente sostituite, potrebbero trovarsi in una posizione di svantaggio in termini di potere contrattuale. Tuttavia, non è da escludere che in alcune circostanze, l’intelligenza artificiale stessa possa contribuire a ridurre le disuguaglianze economiche.

” La disuguaglianza di reddito da lavoro potrebbe potenzialmente aumentare se la complementarità tra AI e lavoratori ad alto reddito è forte; in tal caso, i rendimenti da capitale potrebbero esacerbare la disuguaglianza di ricchezza. Tuttavia, se gli aumenti di produttività si dimostreranno sufficientemente significativi, i livelli di reddito potrebbero aumentare anche per la maggior parte dei lavoratori“. In sostanza, in questo senso la vera sfida da affrontare sembra ruotare più intorno alla problematica della redistribuzione del reddito che alla resilienza di specifici settori lavorativi.

 

Le soluzioni? Consapevolezza e proattività

Lo studio mira a individuare potenziali soluzioni per affrontare l’impatto dell’IA. In questa evoluzione costante e sfuggente, il documento consiglia alle economie avanzate ed emergenti di aggiornare attentamente i propri quadri normativi e di prestare molta attenzione al sostegno nella riallocazione dei posti di lavoro, proteggendo le persone colpite negativamente. Nel frattempo, le economie emergenti e in via di sviluppo dovrebbero dare priorità allo sviluppo di infrastrutture e competenze digitali. Lo studio sottolinea l’importanza della proattività individuale e collettiva per garantire una transizione senza problemi verso la nuova economia digitale. “L’era dell’IA è alle porte”, si legge nello studio, “e spetta a noi garantire che porti prosperità per tutti”.

Il recente studio condotto da Fmi è uno dei più completi finora riguardo agli effetti dell’Intelligenza Artificiale sul lavoro, tuttavia non è il primo. Già nel mese di aprile dello scorso anno, Goldman Sachs aveva stimato che circa 300 milioni di posti di lavoro sarebbero stati a rischio in tutto il mondo.

 

Gabriele Ferrari

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Web Designer, Digital Project Manager, Esperto di WordPress, Sviluppatore Web, Esperto Certificato di Google Ads, Social Media Manager e Graphic Designer attualmente lavora come libero professionista. Fornisce servizi quali consulenza, sviluppo di siti web, SEO e pubblicità online, marketing sui social media, grafica e sviluppo di app mobile per aziende e privati. Precedente esperienza come Web Project Manager e Social Marketing Manager in importanti agenzie web, nonché Family Banker e Team Manager nel settore dei giochi. Laureato presso la facoltà di Ingegneria Elettronica dell’Università di Bologna.